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21 settembre 2018

MEDEA DELLE CASE POPOLARI HA PERSO IL CENTRO

Spazio IN Opera Liquida, Parco Idroscalo - Riviera Est

di e con Rossella Raimondi

intervento di teatro di cittadinanza

ore 18

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Genere : amici della 90 in orario di punta – corto teatrale di e con Rossella Raimondi

Segue Laboratorio cittadino aperto

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Una donna come come tante donne, come tanti uomini, come me, come Medea, lascia la sua casa natìa, la sua terra conosciuta, il suo quartiere di Milano spinta dal violento, istintivo e forte bisogno di una vita diversa, dal desiderio, di un cambia mento, di una nuova luce, di una nuova vita in centro, di una vita al Centro. Viaggia attraverso la speranza di trasformare con una nuova luce lei, la sua famiglia, di realizzarsi con il suo lavoro: " dicono ne basti uno solo in una famiglia per cambiare Passato Presente Futuro di tutta la famiglia..". Viaggiando questa donna, come Medea, come me, si ritrova, senza capire come, in una Città che non riconosce più, in un luogo che non riconosce più come speranza.. Lei voleva solo vivere in Centro e fare l’attrice in centro dove tutto è bello e illuminato, si ritrova invece nel buio di questo condominio con 33 etnie così diverso da come lo aveva sognato, dove tutti, tranne lei, mantengono forti e in luce le loro usanze e tradizioni; dove forse a nessuno interessa la sua Arte che solo in centro poteva avere un senso e una bellezza. Così questa donna, come Medea, si sente la più straniera tra stranieri, spezzettata, priva di un centro della sua Arte, la sua luce, al buio, partecipante forzata ad una grande festa condominiale

senza essere invitata e senza prenderne in realtà parte. Decide quindi stanca, di preservare la sua luce, il suo brillare, erigendo un muro altissimo, il più alto del mondo, proprio nel suo appartamento, decide di murarsi viva per brillare e di non far entrare più nulla che non sia Centro. Come finirà? Reggerà o meno un muro di cemento armato in una casa dai muri di cartone?

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NOTE DI REGIA 

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Il testo di partenza è Medea, non solo di Euripide e di Seneca , ma anche quella di di Alvaro e della Wolf. Il percorso nasce in seno al Teatro degli Incontri di Gigi Gherzi di cui faccio parte da diversi anni. Il Progetto è un progetto ampio, iniziato portando la Tragedia Greca in quella che noi abbiamo individuato come Città Fragile, a Milano e non solo. Abbiamo quindi viaggiato nella Città Fragile, per la Città Fragile grazie ad Antigone, Medea, Prometeo; e abbiamo incontrato , traghettati dalla Tragedia Greca gli Abitanti di questa Città Fragile. Non li abbiamo incontrati nella “Milano da Bere”, li abbiamo incontrati nella Milano dei Rifugiati, dei Migranti, dei minori Migranti di seconda e terza generazione, dei senza Tetto, dei Ragazzi della Casa-Famiglia, delle Case Popolari ad alto rischio ,

di chi noi sentiamo più fragile e anche del panettiere e dei vicini di casa, come nella mia Medea, e qualcuno anche nella Milano da Bere! La “ mia” Medea nasce dopo un incontro e uno scambio teatrale, oltre che umano, con queste realtà. Racconta in un senso molto più ampio, ma anche più intimo, cosa significhi essere straniero oggi, perché si può essere straniero anche nella propria città, nel proprio condominio, nella propria famiglia. Essere e stare in un luogo che non si riconosce più, o forse non ci si è mai fermati a conoscere e lo si vorrebbe cambiare, ma si sono persi i mezzi. Sentirsi defraudata della rapinata da un fuori nemico della propria luce.

L’obiettivo è inoltre quello di capire come, con i flussi migratori, con la continua recessione, con l’Urbanizzazione selvaggia sono cambiate le nostre città, e com

e questo comporta il cambiamento di noi cittadini, che ci ritroviamo impreparati, impauriti, incattiviti, dinnanzi a ciò che non conosciamo. Parla anche della possibilità di avere e di vivere un nuovo Centro luminoso e possibile abbattendo i muri più alti.

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LA MOLLI - DIVERTIMENTO ALLE SPALLE DI JOYCE

Spazio IN Opera Liquida, Parco Idroscalo - Riviera Est

di Gabriele Vacis e Arianna Scommegna

regia Gabriele Vacis

produzione ATIR Teatro Ringhiera

ore 21

Sono confidenze sussurrate, confessioni bisbigliate quelle della Molli. Il monologo di Molly Bloom che conclude l’Ulisse di Joyce dal quale Gabriele Vacis - che ne è anche regista - e Arianna Scommegna prendono le mosse, del quale colgono le suggestioni e con il quale continuano a dialogare per tutto lo spettacolo, calando il personaggio in una quotidianità dalle sonorità milanesi e traslando il testo in una trama di riferimenti culturali, storie e canzoni, che hanno il sapore del nostro tempo. Arianna Scommegna è sola sul palcoscenico, seduta al centro della scena; il suo monologo intenso, irrefrenabile, senza punteggiatura, senza fiato, è stretto tra una sedia, un bicchiere poggiato a terra e una manciata di fazzoletti ad assorbire i liquidi tutti, sacri e profani, di un vita di solitudine e insoddisfazione, come una partitura incompiuta. Il fiume di parole è lo stesso flusso di coscienza del personaggio di Joyce che riempie una notte insonne di pensieri e bugie, mentre aspetta il ritorno a casa del marito, Leopold, come la Molli aspetta Poldi. L’attrice, in bilico tra il romanzo e la vita, ripercorre la propria esistenza di poco amore, infinite attese, occasioni mancate, dal primo bacio a un rosario di amanti da sgranare per mettere a tacere il vuoto, dal dolore di un figlio perduto fino a un finale ‘sì’ pronunciato comunque in favore della vita, dell’amore da una donna mai piegata alla rassegnazione. Le note dolenti si stemperano sempre nell’ironia e in una levità che tutto salva; il testo gioca sempre, costantemente, con il doppio registro denunciato fin dal sottotitolo, Divertimento alle spalle di Joyce. Frammenti di vita raccontati in modo ora scanzonato ora disperato, storie di carne e sangue, vita che scorre come lacrime, che si strozza in un grido o si scioglie in una risata.

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Meritato, anzi meritatissimo - e a giungere nel momento giusto, quando il suo curriculum è ormai ricco di solide e bellissime prove, come la recente e straordinaria Cleopatràs di Giovanni Testori – questo Premio Hystrio all’interpretazione che viene assegnato ad Arianna Scommegna. Attrice, la lombarda Scommegna, che da un quindicennio - cioè da quando comparve sulla scena e fu tra le fondatrici della compagnia ATIR - ha saputo imporsi non solo grazie al suo forte temperamento, ma anche e soprattutto perché capace, grazie a un impressionante ventaglio di registri espressivi, di recare a ogni suo personaggio qualcosa di struggentemente personale. Capace di caricarlo di una verità nuova e sconosciuta. È successo, sotto la guida di Serena Sinigaglia, con la shakespeariana Giulietta, con il triplice ruolo di Fool/Lear/Cordelia in Lear, tutto su mio padre, con Ecuba ne Le Troiane. Ma Arianna ha saputo imporre il suo talento anche nel monologo. Se con Cleopatràs ci ha folgorato, non meno siamo stati avvinti quando, diretta da Gabriele Vacis, ha affrontato Joyce nello strepitoso La Molli, divertimento alle spalle di Joyce o ci ha condotto nella Milano di oggi causticamente descritta in Qui la città di M. da Piero Colaprico. Il Premio viene dato all’intrepida Arianna a valere anche d’auspicio per una fama ancor più grande di quella che già conosce.

 

(Motivazioni Giuria Premio Hystrio all’interpretazione, 2011)

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